Un caffè con il docente: Valerio Mancini

INTERVISTA AL PROF. VALERIO MANCINI – UNICOLLEGE FIRENZE

 

1) Prof. Valerio Mancini, ci dica brevemente di lei: da dove viene, cosa ha studiato, di cosa si occupa adesso

Sono nata e cresciuto a L’Aquila e mi sono laureato in Scienze politiche e delle relazioni internazionali, con studi specialistici in Relazioni internazionali e integrazione europea presso l’Università Cattolica di Milano. La carriera universitaria è stata caratterizzata da numerose esperienze di studio all’estero, che mi hanno portato prima in Francia, a Montpellier, con il programma “Erasmus”, poi a San Diego con il programma di studio L.A.T.E., per poi proseguire in Argentina, a Buenos Aires e in Colombia, a Bogotá, dove ho vissuto e lavorato per molti anni. Ho conseguito diversi titoli accademici in Italia e all’estero, tra cui l’LL.M. (Master of Laws) presso l’Università di Teramo e un Master in Sicurezza economica, geopolitica e intelligence presso la SIOI di Roma.

Le esperienze fuori dall’Italia o in ambienti internazionali sono state parte integrante della mia formazione accademica e professionale e mi hanno permesso di intraprendere la carriera internazionale. Ha lavorato, infatti, con diverse organizzazioni internazionali (UNODC a Vienna e Bogotá, UNICRI a Torino e Roma, MAOC-N a Lisbona e OCSE a Parigi). Dopo anni all’estero, impegnato soprattutto nelle attività di prevenzione e ricerca sui fenomeni legati al crimine organizzato transnazionale, sono tornato in Italia e attualmente vivo a Roma. Oltre ad insegnare “International organizations” presso la sede Unicollege di Firenze, sono docente in diverse università in Italia e all’estero e direttore del Centro di Ricerca di una Business School. Inoltre, negli ultimi anni sono riuscito ad unire la conoscenza della geopolitica internazionale ad una grande passione sportiva, il calcio, con la pubblicazione di un libro dal titolo Calcio & Geopolitica, appunto. Nata quasi per gioco, questa esperienza mi sta portando a presenziare i principali palcoscenici della governance sportiva europea, e spero di continuare questo percorso appassionante anche con la riedizione del libro, che uscirà a marzo 2023. 

2) Quando ha realizzato che voleva diventare esperto di geopolitica e docente di materie internazionali?

Sicuramente sin dai primi anni dell’università e, in particolare, dopo le prime esperienze all’estero, la carriera internazionale è stato un obiettivo primario. Sognavo di poter lavorare viaggiando e per molti anni ho coltivato e realizzato questo sogno, togliendomi, anche in quella che in Italia è troppo spesso considerata “giovane età, numerose soddisfazioni. La carriera nelle organizzazioni internazionali però rappresenta un percorso molto complesso e pieno di ostacoli e selezioni costanti da superare. Inoltre, è difficilmente adattabile alle esigenze familiare. Ho scelto quindi, una volta tornato in Italia, di fornire un valore aggiunto agli studenti attraverso la mia esperienza acquisita sul campo, scoprendo giorno dopo giorno una grande passione per la docenza! 

3) Quali sono 2 caratteristiche essenziali per una carriera nelle organizzazioni internazionali? 

Sicuramente tutto parte da una grande curiosità, fortissima tenacia e un desiderio costante di conoscere il mondo. C’è poi sicuramente una componente legata alla conoscenza delle lingue non indifferente: oggi, infatti, chi si avvicina agli organismi internazionali ha un notevole vantaggio competitivo se parla almeno tre lingue ed è abituato a vivere e lavorare in ambienti multiculturali. Infine, la capacità di adattamento e la flessibilità sono elementi essenziali, specialmente per chi opera nel field e, in particolare, in zone di conflitto. 

4) Ci racconti un’esperienza/caso memorabile del suo lavoro – una circostanza, impasse, caso che trova iconico della sua pratica e che può rendere bene la natura della sua professione. 

Potrei raccontarne molte, ma sicuramente una delle più interessanti è legata alla mia esperienza iniziale in Colombia con le Nazioni Unite. Ricordo perfettamente i primi giorni in cui sembrava quasi di vivere un sogno e la prima missione a Cartagena de Indias con la responsabilità di organizzare un evento internazionale circondato dalle più alte cariche di Paesi europei e latinoamericani. Sentii all’improvviso di far parte di qualcosa di enorme e, pur di non perdere un secondo dell’evento e per controllare ogni passaggio della giornata di apertura, non mi resi conto di aver lavorato per oltre 12 ore senza mangiare e bere. Fu così che, forse anche a causa del fuso orario e del caldo dei caraibi colombiani, caddi a terra perdendo i sensi per qualche secondo. Da lì capii che anche saper gestire le pause tra una conferenza e l’altra, tra una missione e una riunione, era una skill da prendere assolutamente sul serio. 

5) Quali consigli si sentirebbe di dare all’ international relations expert del futuro? 

Oggi sicuramente la carriera internazionale, così come in generale il mondo del lavoro, ha subito enormi trasformazioni. La tecnologia ci ha reso ancora più interconnessi e alcune figure inizialmente poco conosciute e sottovalutate, come il social media manager, hanno ruoli sempre più importanti all’interno delle organizzazioni internazionali. Specializzarsi, inoltre, su alcuni settori specifici in forte evoluzione, come le energie rinnovabili e, in generale, l’economia circolare, può essere una chiave di lettura vincente per gli international relations experts del futuro. 

6) Domanda a piacere del docente : “Cosa conta di più oltre ciò che ha asserito per diventare un esperto di relazioni internazionali? Quale altro mondo di riferimento”

Senza dubbio la voglia di scoprire nuovi luoghi e il rispetto per le diversità sono due valori fondamentali. Vivere e lavorare all’estero ed essere impegnati nella cooperazione internazionale è una vera e propria missione che spesso può portare a momenti di sconforto e desiderio di “casa” ma che, al tempo stesso, può regalare soddisfazioni impagabili. Un mondo a cui sicuramente far riferimento, oltre ovviamente alla carriera diplomatica (simile ma diversa per molti aspetti a quella dell’operatore umanitario internazionale), è, appunto, quello della docenza. Molti esperti di relazioni internazionali, infatti, dopo anni all’estero diventano dei veri international advisors, acquisendo conoscenze e quindi condividendo esperienze che possono diventare fondamentali per la formazione delle generazioni future.